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Un anno dopo l’omicidio di Adele Bruno il fidanzato Daniele davanti al giudice.


L’assassino ha confessato e per ottenere uno sconto di pena forse chiederà il rito abbreviato.

Lunedì 15 l’udienza sul rinvio a giudizio, poi se sarà mandato a processo dovrà decidere se col rito abbreviato al Tribunale lametino o in Corte d’assise a Catanzaro. Per Daniele Gatto il percorso giudiziario sta andando avanti. La sera del 30 ottobre di un anno fa uccise barbaramente la fidanzata Adele Bruno accanendosi sul cadavere. L’assassino ha confessato e adesso è accusato di omicidio volontario con diverse aggravanti.

Ancora non si conosce la linea difensiva dei suoi avvocati Francesco Gambardella e Giulia Benincasa del foro lametino, ma trattandosi di un reo confesso probabilmente si sceglierà il rito abbreviato che permette lo sconto di un terzo della pena prevista. L’accusa rappresentata da Luigi Maffia, sostituto procuratore che da quella tragica notte si occupò del caso, si batterà per fare ottenere il massimo della pena al brutale assassino.

Notte di Halloween. Adele Bruno ha 27 anni ed esce col fidanzato di 29 anni, sposato e separato, con un figlio di 5. Non è un buon periodo per il loro rapporto, c’è qualche interruzione. Poi il 30 ottobre, è domenica, puntano verso il centro commerciale “Due Mari”. Lui regala un telefonino a lei perchè il giorno dopo è il suo 27esimo compleanno. Al ritorno, intorno alle 20, a bordo dell’auto di Gatto si appartano in un uliveto, accanto a una casa diroccata.

Qui comincia il film horror. Non si sa esattamente quanto accaduto, si conosce solo la versione di lui. La ragazza non può più parlare. Escono dall’auto, forse lui fa una richiesta di sesso e la ragazza tenta di fermarlo. Di sicuro Daniele Gatto si trasforma in una bestia, s’accanisce contro la fidanzata e la soffoca.

La ragazza muore sotto i colpi di Daniele Gatto. È ancora vestita, non è stata violentata. Poi lui scappa via, torna a casa sua per lavarsi gli schizzi di sangue e cambiarsi gli abiti sporchi. Pensa di farla franca. E come nei migliori film insanguinati si riveste e va dai suoceri fingendo d’essere preoccupato: non so dove sia andata, Adele è sparita.

Col padre della ragazza va persino al commissariato di polizia per denunciare la scomparsa. Ma gli investigatori non se la bevono. Il dirigente Antonio Borelli con la sua esperienza intuisce che le cose sono andate in un modo diverso, ma non avendo nulla in mano lascia andare Daniele Gatto.

Si fa notte, e nel giovane si gonfiano i rimorsi. Tanto che si rimette in macchina e va a Marcellinara dove suo zio Osvaldo è parroco fresco di nomina. Il sacerdote cerca di calmarlo e di consigliarlo come può fare un uomo di fede prima che di legge: consegnati alla polizia. Il nipote tra mille esitazioni raggiunge il commissariato e, dopo un pò di esitazioni, dice la frase fatidica: l’ho uccisa io, ma non volevo farlo. Con una coda da giallo: Io l’amavo.

Gazzetta del Sud  – 05.10.12 – V.l.)

 
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Pubblicato da su 5 ottobre 2012 in Notizie & Politica

 

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